TONI BUSO

4 - 25 maggio 2019

È certamente la necessità di scrivere una storia, un racconto, che dà vita alle opere di Toni Buso. Come nella più fedele delle iconografie infantili, prendono forma farfalle e trenini, colline e aquiloni, soli e lune, allegorie che giocano liberamente in un caleidoscopio di colori. Proprio dall’incontro tra segno e colore si sprigiona tutta “l’innocenza” creativa ed immaginativa di queste opere: le pennellate di colore dense ed aeree sono legate tra loro da sottili fili come di palloncini, simboli grafici raccolti in una struttura logica ben precisa e solo all’apparenza arbitraria. Forma, linea e colore sono indagati con grande sapienza in tutte le loro relazioni, come lo è il rapporto tra la figura e la superficie che lo circonda. Il controllo della tecnica è assoluto, tale da dare continuità tra segno e colore, scrittura e pittura, elementi suddivisi nello spazio e pur tuttavia continui, che dialogano tra loro in perfetta armonia, rincorrendosi su sterminati campi immacolati. Questo prorompente bianco assume grande importanza sulla tela, acquistando quasi fisicità, sfondo su cui fluiscono le idee nel loro sviluppo e in cui vengono orchestrate in un’unica sinfonia costellazioni colorate di geometrie cromatiche che prendono vita.  Sono proprio queste spirali, cerchi e labirinti a disegnare un processo in continuo divenire: ogni opera è in costante trasformazione e la combinazione di soluzioni segniche e colore diventa vita, esperienza, movimento che oltrepassa i limiti della bidimensionalità della tela. La freschezza simbolica e la libertà coloristica tipica della pittura dei bambini superano i limiti dello spazio concesso e delineano un mondo di forme, che rappresenta non tanto la realtà qual è, ma piuttosto l’illusione fantastica di tale realtà.  In questa poetica dell’immediatezza quanto dell’inconscio, ogni simbolo, ogni immagine allude e richiama altro, e l’artista, facendosi esso stesso bambino nell’atto pittorico, ci permette di accedere a regioni dell’animo profonde. Con una pittura fresca, libera e spontanea, quanto peraltro attualissima nella sua sensibilità, il mondo fanciullesco di Buso ci rivela un paesaggio interiore, l’incontro tra visibile e invisibile e questo personalissimo alfabeto di ricordi ci riporta all’essenza stessa, all’idea stessa di pittura: nessuna retorica, solo vita.

Francesca Gualandi

È certamente la necessità di scrivere una storia, un racconto, che dà vita alle opere di Toni Buso. Come nella più fedele delle iconografie infantili, prendono forma farfalle e trenini, colline e aquiloni, soli e lune, allegorie che giocano liberamente in un caleidoscopio di colori. Proprio dall’incontro tra segno e colore si sprigiona tutta “l’innocenza” creativa ed immaginativa di queste opere: le pennellate di colore dense ed aeree sono legate tra loro da sottili fili come di palloncini, simboli grafici raccolti in una struttura logica ben precisa e solo all’apparenza arbitraria. Forma, linea e colore sono indagati con grande sapienza in tutte le loro relazioni, come lo è il rapporto tra la figura e la superficie che lo circonda. Il controllo della tecnica è assoluto, tale da dare continuità tra segno e colore, scrittura e pittura, elementi suddivisi nello spazio e pur tuttavia continui, che dialogano tra loro in perfetta armonia, rincorrendosi su sterminati campi immacolati. Questo prorompente bianco assume grande importanza sulla tela, acquistando quasi fisicità, sfondo su cui fluiscono le idee nel loro sviluppo e in cui vengono orchestrate in un’unica sinfonia costellazioni colorate di geometrie cromatiche che prendono vita.  Sono proprio queste spirali, cerchi e labirinti a disegnare un processo in continuo divenire: ogni opera è in costante trasformazione e la combinazione di soluzioni segniche e colore diventa vita, esperienza, movimento che oltrepassa i limiti della bidimensionalità della tela. La freschezza simbolica e la libertà coloristica tipica della pittura dei bambini superano i limiti dello spazio concesso e delineano un mondo di forme, che rappresenta non tanto la realtà qual è, ma piuttosto l’illusione fantastica di tale realtà.  In questa poetica dell’immediatezza quanto dell’inconscio, ogni simbolo, ogni immagine allude e richiama altro, e l’artista, facendosi esso stesso bambino nell’atto pittorico, ci permette di accedere a regioni dell’animo profonde. Con una pittura fresca, libera e spontanea, quanto peraltro attualissima nella sua sensibilità, il mondo fanciullesco di Buso ci rivela un paesaggio interiore, l’incontro tra visibile e invisibile e questo personalissimo alfabeto di ricordi ci riporta all’essenza stessa, all’idea stessa di pittura: nessuna retorica, solo vita.

Francesca Gualandi

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